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  • Greta Bellando

    Greta Bellando
  • Data: 18/11/2015

Adozione e identità: un percorso di crescita

Greta Bellando, pedagogista e amica di Amare onlus, ci parla di adozione.

La formazione dell’identità adottiva è un processo che coinvolge diverse componenti del sé, del sociale e del familiare. L’adolescente adottato, come dimostrato in una ricerca (Viziello, Zouharova), mette in atto meccanismi di difesa, come l’idealizzazione o la negazione, sia nei confronti dei genitori adottivi sia di nascita. Talvolta si verificano situazioni in cui avviene una vera e propria idealizzazione dei genitori adottivi e un sovraccarico di sentimenti negativi per i genitori di origine. 

I normali conflitti che sorgono in adolescenza in seguito ai bisogni d’indipendenza e autonomia del ragazzo s’intensificano negli adottati a causa della loro necessità di integrare gli aspetti della loro famiglia di origine con quelli della famiglia adottiva. 
L’esito di questo conflitto può comportare fantasie di riunificazione con i genitori biologici e idealizzazioni sulle proprie origini, oppure, giungere alla negazione della propria storia passata e degli aspetti salienti della propria infanzia. 
Gli adolescenti adottati, seppur abbiano bisogno d’indipendenza, sembrano trovare difficoltà nello stabilire relazioni soddisfacenti con il gruppo dei pari. Questa complessità potrebbe derivare dal fatto che hanno poco accesso al loro mondo interiore e di conseguenza i rapporti con gli altri sono caratterizzati da modalità di comportamento stereotipate. 
Infine uno degli elementi che caratterizza la costruzione del sé, rimanda alla relazione corporea e alla sfera sessuale. Nei ragazzi adottati sembra che la curiosità sessuale sia sostituita da una necessità di vicinanza, di coccole, quasi a voler colmare quell’affetto perduto; anche la componente sessuale, in tal senso potrebbe assumere un significato di difesa. 
Il giovane potrebbe sedurre per poi lasciare, al fine di avere un maggior controllo sulla situazione, senza essere egli stesso vittima nuovamente di abbandono. 

 

LE SPECIFICITÀ NELL’IDENTITÀ ADOTTIVA 
L’adolescenza prevede di per sé un processo di ricerca, d’individualizzazione e autonomia; questi processi sono considerati essenziali per la formazione di un’identità coerente e ben delineata. 
Grotevant e collaboratori (2000) hanno sottolineato come la formazione dell’identità nei giovani adottati possa essere maggiormente complessa, in quanto essi riconoscono le loro differenze dai genitori adottivi. Tali differenze potrebbero riguardare le origini etniche o culturali e l’aspetto fisico. 
La creazione dell’identità di questi ragazzi passa, infatti, attraverso la valutazione e la ristrutturazione di due quesiti: 
- “Chi sono rispetto alla famiglia che mi ha adottato?”;
- “Chi sono rispetto alla mia famiglia d’origine?”. 
E’ molto interessante l’indagine sul perché il problema dell’identità appaia più rilevante nei bambini adottati durante il primo anno di vita rispetto a quelli adottati più grandicelli. 
Wilson (2004) afferma infatti che i bambini adottati nella prima infanzia fanno domande qualitativamente differenti rispetto ai bambini adottati in seguito. Questi ultimi restano probabilmente legati a una serie di ricordi che influenzano la creazione dell’identità futura .



LE SPECIFICITÀ NELL’IDENTITÀ ADOTTIVA 
In ogni bambino/ragazzo adottato, anche se arrivato in Italia solo poco tempo dopo la sua nascita, esiste un ‘là’ e un ‘qua’. 
Chi proviene da un Paese estero porta con sé un pezzo di terra che, seppur lontana, gli appartiene perché quel luogo gli ha dato la vita. 
Spesso i bambini adottati, spinti da una comprensibile paura nei confronti di un nuovo abbandono, tendono a eliminare il loro passato. 
L’obiettivo è di risistemare e assemblare dei pezzi che, insieme, possano creare un’identità mista armoniosa. Il bambino o l’adolescente deve giungere a sentire un punto di riferimento interno, per poter rispondere alla domanda: “Chi sono io?”, in modo da creare una diversità armoniosa senza la presenza di dissonanze. 
Per i giovani adottati non è facile connettere passato, presente e futuro e ciò diventa ancora più complesso nei casi in cui l’adozione è in qualche modo ‘visibile’ e rimanda nell’immediato all’appartenenza a un background culturale ed etnico differente. 
Le ricerche effettuate in questo frangente hanno fornito dati contrastanti: alcune ricerche, mettono in luce che, gli adottati in adozione interetnica mostrano la tendenza a identificarsi con la cultura dominante (bianca) più che con il proprio gruppo etnico, e ciò indipendentemente dai propri tratti fisici e somatici che associamo al gruppo di origine. Non necessariamente, però, ciò corrisponderà alla negazione delle proprie origini. 
Altre ricerche evidenziano anche una forte identificazione con il gruppo etnico di appartenenza. 
Un aspetto rilevante, approfondito di recente, riguarda il comportamento e l’atteggiamento dei genitori sulla costruzione dell’identità etnica. 
Le ricerche condotte, per lo più nel contesto statunitense, mostrano come la capacità dei genitori di favorire la conoscenza e il contatto con il background etnico, incida su una positiva identità etnica che a sua volta influisce sull’adattamento e sul benessere degli adolescenti in adozione internazionale. 
Un’identità etnica positiva può esser raggiunta solo a condizione che le relazioni genitori- figli siano positive e che l’appartenenza familiare sia consolidata. 

Bibliografia
- Macario G., (a cura di), I percorsi formativi del 2009 nelle adozioni internazionali. Approfondimenti, specificità, innovazioni, collana “Studi e Ricerche”, Istituto degli Innocenti. 
- Rosnati R., (a cura di), Il legame adottivo. Contributi internazionali per la ricerca e l’intervento, Unicopli, Milano 2010.

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