Taitu Betul (il cui nome di battesimo era Walatta Mika'el, ossia ‘figlia di Michele’, l'arcangelo) fu imperatrice d’Etiopia dal 1889 al 1913.
Taitu nacque nel 1851 in una ricca famiglia della stirpe salomonide.
Nel 1883, a trentadue anni, dopo alcuni matrimoni falliti, divenne la moglie del futuro imperatore Menelik II. La donna esercitò fin da subito, ma soprattutto dopo che Menelik venne eletto imperatore d’Etiopia, un importante potere sulle scelte amministrative, politiche e militari del marito.
Ella era fermamente convinta che l’Etiopia dovesse mantenersi legata alle proprie radici e alle tradizioni e si oppose ripetutamente, riuscendo a contenerli, ai tentativi dei progressisti di occidentalizzare il Paese.
L’imperatrice fu sempre molto sospettosa nei confronti degli italiani, che, fin dalla salita al trono di Menelik II, avevano tentato di stabilire col governante etiope convenzioni atte a regolare i rapporti economici fra i due Paesi e a far riconoscere all’Etiopia, come colonia italiana, i territori eritrei occupati.
Alcuni storici riferiscono che la lungimirante Taitu avesse avvertito il marito che un accordo con gli italiani avrebbe sortito una futura invasione da parte degli stessi.
L’imperatrice si sarebbe rivolta a Menelik affermando ‘L’imperatore Giovanni [predecessore di Menelik II] mai avrebbe voluto cedere un solo centimetro di territorio; per questo motivo, egli ha combattuto contro gli italiani e gli egiziani. Egli è morto per questo, e voi, dopo tale esempio, volete vendere il vostro Paese? Chi volete che scriva la vostra storia?’.
Effettivamente, anche a causa della diversa interpretazione del trattato di Uccialli, stipulato fra l’impero d’Etiopia e il Regno d’Italia, nel 1895 l’esercito italiano invase i territori etiopici dando inizio alla guerra d’Abissinia, che culminò, l’anno successivo, nella battaglia di Adua.
La stessa imperatrice Taitù partecipò alla battaglia a capo di una propria guarnigione, formata da 5000 militari e accompagnata da migliaia di donne (dame, serve reali, schiave e mogli di funzionari e di soldati) etiopi. Fu un evento eccezionale per la storia, non solo dell’Etiopia, tanto che, in seguito, diverse donne, nel Paese, decisero di partecipare attivamente alle battaglie nel corso delle guerre che il Paese conobbe. Fu di Taitu la strategia vincente di interrompere l’erogazione di acqua all’esercito italiano, asserragliato in imponenti fortificazioni, in modo da indebolirne le forze.
L’imperatrice si distinse in battaglia come coraggioso comandante ma, soprattutto, come abile stratega. Menelik II non lo fu altrettanto: egli, infatti, nonostante i solleciti della moglie, dopo la vittoria, non cacciò gli italiani oltre i confini del Corno d’Africa, ma permise loro di tornare in Eritrea, da dove, come Taitu aveva profeticamente predetto, avrebbero di nuovo invaso l’Etiopia, nel 1935.
All’imperatrice Taitu è legata anche la nascita dell’odierna capitale d’Etiopia, Addis Abeba.
Il negus Menelik II aveva stabilito sul monte Entoto, a nord dell’odierna città, una residenza da cui controllare militarmente il sud del regno. La località, dal clima rigido e ventoso, era però inospitale e, nel 1886, Taitu decise di spostare la residenza reale più a valle, in prossimità delle calde sorgenti minerali di Filwoha. Ben presto nella zona sorsero diversi palazzi e abitazioni più modeste e nacque una piccola città che Taitu decise di chiamare Addis Abeba, ossia ‘Nuovo Fiore’. A causa delle frequenti assenze del marito dalla capitale e della malattia che colpì l’imperatore a partire da 1906, Taitu, affiancata da ministri di fiducia, divenne il personaggio chiave della politica del Paese.
Purtroppo, parte della nobiltà locale cospirò contro la regina, che si vide relegata al semplice ruolo di moglie di un negus ormai debole e malato. Alla morte di Menelik II, avvenuta nel 1913, la donna si ritirò nella dimora di Entoto, da cui, secondo alcuni storici, riuscì ancora a influenzare la politica e le scelte di governo.
Taitu, ‘Luce d’Etiopia’, morì nel 1918 e le sue spoglie riposano a fianco di quelle del marito nella cripta della chiesa di Baeta Le Mariam di Addis Abeba.